A conclusione delle analisi e delle opinioni espresse nei nove articoli precedenti, sulla valorizzazione della Zes Ionica e Adriatica, non possiamo evitare di soffermarci su un tema estremamente importante ed attuale per Taranto: l’economia del mare, ovvero di una risorsa strategica per il rilancio territoriale. Obiettivo per il quale risulta fondamentale investire in prima battuta sulla logistica e sul porto.

La possibilità di beneficiare di una Zona Franca Doganale rappresenta un elemento chiave per essere competitivi a livello internazionale e consolidare il ruolo del porto di Taranto negli scambi commerciali internazionali. Poter offrire agli investitori ed operatori commerciali concrete esenzioni e agevolazioni tariffarie sui traffici mercantili, in entrata ed in uscita, mentre si parla di Nuova Via della Seta, è un vantaggio tutto da sfruttare per Taranto. Dal punto di vista commerciale e da quello infrastrutturale. Potenziare le capacità del nostro territorio di attrarre investimenti, insomma, vuol dire riuscire a beneficiare di risorse da poter investire per il miglioramento qualitativo delle infrastrutture presenti e per la creazione di nuove che aprirebbero a nuovi e più efficienti collegamenti al servizio delle imprese del comparto navale e della generalità delle imprese produttrici locali. Poter contare su un porto di primo livello, che sia centrale negli scambi internazionali e quindi avere la possibilità di accrescere le infrastrutture, vuol dire: incrementare l’export dei prodotti del nostro territorio (agroalimentari, vinicoli, tessili, ecc); risparmiare sui costi di trasporto delle materie prime prodotte in terra ionica e di quelle necessarie per le produzioni delle nostre imprese; insediamento di nuove imprese di distribuzione ed intermediazione merci e così via. E se da un lato il porto – e tutto ciò che ruota intorno alla logistica portuale e ai traffici internazionali – rappresenta una componente rilevante per la prospettiva, dall’altro lato Taranto deve giocare la sua partita di recupero e riqualificazione delle aree che si affacciano sul Golfo . E’ fondamentale, infatti, creare un’integrazione tra il porto e il territorio, valorizzando le risorse disponibili, il turismo costiero, la costruzione e la riparazione navale, il trasporto marittimo, la pesca e l’acquacoltura, il prelievo e la commercializzazione di risorse marine viventi, l’estrazione dai mari di minerali, lo stoccaggio e i progetti idrici.

Insomma, razionalizzare ed utilizzare strategicamente tutto ciò che è già presente sul nostro territorio per realizzare una filiera completa vorrebbe dire includere non solo i principali settori dell’economia come l’industria delle imbarcazioni, la logistica, la nautica, la pesca, il turismo ma inglobare anche altri settori quali quello manifatturiero, agroindustriale, culturale, sportivo, dell’archeologia marina e della rigenerazione delle risorse marine e terrestri.

In questo senso, prendendo spunto da realtà già esistenti, ci viene facile immaginare come il mare tarantino possa fare da collante per la realizzazione di un circolo virtuoso che veda una collaborazione ed integrazione tra aziende operanti in settori differenti, dalla cantieristica navale agli operatori del settore turistico, sportivo e culturale, passando attraverso il settore agroalimentare.

Ovviamente, investire strategicamente nella Blue Economy vuol dire alimentare la crescita di enti di formazione professionale che consentano di formare personale con differenti qualifiche e specializzazioni da inserire in tutti gli ambiti della filiera.

Infine, e sempre nell’ottica della realizzazione di un’economia circolare, non appare così strano pensare alla nascita di imprese impegnate nella raccolta e nella trasformazione dei rifiuti che si trovano in mare… in fili per tappeti e tessili da ricollocare sui mercati.

In sostanza, anche se la partita dell’appetibilità del territorio è in campo da diversi anni, oggi sembra sia arrivato il momento di spingere di più verso la concretizzazione di una ecofiliera legata alla risorsa del mare che porterebbe ad una crescita generale, alla nascita di nuove aziende e al consequenziale incremento dell’occupazione.