Dalle audizioni delle authority al Senato sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) emergono le frammentazioni delle iniziative che rischiano di disperdere le risorse e la conseguente possibilità di incidere in modo strutturale sulla realtà del paese.
Per l’Ufficio parlamentare di bilancio nel corso dell’audizione nelle Commissioni riunite Bilancio e Tesoro della Camera e Bilancio e Politiche Ue del Senato, come ha sottolineato Chiara Goretti, le “ragioni di efficacia richiederebbero verosimilmente di rinunciare a qualche linea di intervento, e concentrare le risorse su un numero minore di priorità, per avere un impatto maggiormente visibile su quelle prescelte. … Il documento presenta un’ampia disomogeneità nell’identificazione dei criteri per l’allocazione delle risorse ai singoli progetti, aspetto ovviamente comprensibile alla luce della diversissima natura e varietà di settori toccati (sussidi a privati, investimenti delle concessionarie pubbliche, investimenti pubblici in senso stretto, politiche di settore, ecc.)”.
Per alcuni investimenti “quantitativamente importanti, ad esempio nel settore delle infrastrutture”, secondo l’organismo parlamentare di controllo dei conti, “il Pnrr identifica le tratte ferroviarie e autostradali da finanziare, richiamandone l’inclusione in precedenti documenti programmatici approvati dal Parlamento”, mentre per altri investimenti, “invece si rinvia a fasi successive per la selezione dei singoli progetti, spesso non fornendo indicazioni sui criteri di selezione che saranno applicati”. In molti casi, ha spiegato Goretti, “dal Pnrr emerge indirettamente che vi è una lista su cui i soggetti competenti stanno lavorando, che però non è stata resa nota al Parlamento, anche se sembra essere già oggetto di un confronto informale con le istituzioni europee”.
Fabrizio Balassone, Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, durante l’audizione sul Recovery Plan ha esplicitato che “Il documento in discussione non specifica in dettaglio il profilo annuale dell’uso dei fondi europei, né la loro ripartizione dettagliata tra le diverse poste di bilancio. Si indica solo che almeno il 70 per cento dei trasferimenti ricevuti attraverso il Dispositivo verrà speso entro il 2023 e la parte rimanente entro il 2025 e che il ricorso ai prestiti aumenterà nel corso del tempo. Inoltre, secondo il documento, più del 70 per cento dei fondi utilizzati per finanziare interventi aggiuntivi rispetto al tendenziale è destinato a spese in conto capitale a carico delle Amministrazioni pubbliche, il resto a ulteriori incentivi agli investimenti privati (in particolare 16 sono destinati al “Progetto Transizione 4.0″) e ad altre misure”.
Prosegue il Capo del Servizio Struttura economica della a Banca d’Italia “Nell’insieme assi strategici e priorità trasversali della bozza del Piano appaiono coerenti con gli obiettivi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza; i progetti definiti nelle varie missioni appaiono indirizzati ad affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico e alcune delle più evidenti debolezze strutturali del Paese (i ritardi nell’innovazione e quelli nella digitalizzazione – anche nell’istruzione, nella ricerca e nella pubblica amministrazione; i tempi della giustizia civile; l’adeguamento delle reti infrastrutturali; lo sviluppo del Mezzogiorno). Il documento tuttavia non presenta ancora una puntuale quantificazione del contributo di ciascun progetto alla spesa destinata alla transizione verde e a quella digitale”
Anche il presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, nel corso dell’audizione ha auspicato che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza “possano contemperarsi le esigenze di snellezza, semplificazione ed efficienza con quelle di tutela e corretto impiego delle pubbliche risorse”. Per la magistratura contabile, “un punto rilevante” è rappresentato dai “Controls and Audit” attraverso cui la Commissione europea impone l’obbligo ai singoli Stati membri “di dotarsi di sistemi di controllo adeguati a prevenire, individuare e contrastare corruzione, frodi, conflitti di interesse, ecc nell’uso dei fondi messi a disposizione dall’Unione”. La Corte è pronta ad esercitare il proprio ruolo.
Infine anche il direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, Carlo Cottarelli, in audizione nella commissione Bilancio della Camera, impegnata nell’esame della proposta di piano nazionale di ripresa e resilienza sottolinea che “c’è poca chiarezza sugli effetti sul deficit pubblico e debito pubblico. Credo sia invece fondamentale che la versione finale sia del tutto trasparente rispetto al tracciato dei conti pubblici che risulterebbe dall’implementazione del piano”.
Conclude Cottarelli che “una parte che manca completamente è la definizione della governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e delle misure di controllo e audit”.
La sfiducia verso il Recovery si è palesata durante le audizioni delle authority al Senato sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) con critiche rivolte a un testo poco dettagliato, troppo frastagliato e deficitario sulla governante. Un apertura poderosa verso Draghi?