Le presunzioni derivanti dal ricorso al c.d. “tovagliometro”, rappresentano ormai uno strumento consolidato nel contesto della prassi amministrativa, tuttavia bisogna considerare come le medesime presunzioni possano essere utilizzate anche dal contribuente per dimostrare la congruità del proprio reddito in caso di contestazione.
Le presunzioni sono in genere costituite da quelle conseguenze che la legge, o il giudice, trae da un fatto noto per risalire ad un fatto “non conosciuto”, ma desumibile da elementi notori disponibili.
Ai fini tributari, tale criterio consente di desumere l’esistenza di attività non dichiarate sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti identificabili in “fatti certi” a cui collegare, con un elevato grado di probabilità l’esistenza di “maggiori ricavi”.
Ad oggi, una delle tecniche utilizzate dal Fisco verso soggetti che conducono attività di ristorazione, è quella dell’accertamento presuntivo, basato sul consumo di tovaglioli (il c.d. tovagliometro). Ebbene, il tanto odiato tovagliometro, può trovare un’utile fruizione anche da parte e del contribuente. In pratica, tale metodologia si fonda su una logica per cui, per ogni consumazione di un pasto al tavolo, un cliente adoperi un tovagliolo, con la conseguenza che il numero complessivo dei tovaglioli usati possa costituire un supporto fattuale idoneo a fornire la reale rappresentazione dei pasti serviti.
In merito a tale assunto, preme evidenziare come il rapporto biunivoco che pone in relazione i tovaglioli utilizzati e lavati con un maggior reddito, contestato dall’Amministrazione come “sottratto ad imposizione”, possa allo stesso modo essere utilizzato dal contribuente/ristoratore per fornire una valida prova della corrispondenza degli stessi componenti reddituali ai cc.dd. “coperti”, indicati nelle rispettive ricevute fiscali emesse nel corso del periodo d’imposta oggetto di controllo.
In conclusione qualora si subisca una ricostruzione induttiva dei ricavi sarebbe sempre possibile, da parte del soggetto ispezionato, far ricorso al citato tovagliometro, onde dimostrare l’erronea ed illegittima ricostruzione del Fisco al cospetto dell’asserita congruità del reddito.
Tuttavia, tali tecniche e metodologie non convincono appieno – indipendentemente dal fatto che siano adottate dall’Amministrazione Finanziaria, ovvero dal contribuente – poiché nella pratica questi finiscono per scontrarsi con i criteri di inattendibilità della procedura, soprattutto qualora si considerino i differenti e variegati utilizzi che possano trovare i citati tovaglioli all’interno di un ristorante, infatti, non sempre questi sono destinati alla sola somministrazione. Altri utilizzi che si riscontrano invero nella pratica attengono, ad esempio, l’uso per il contenimento di alimenti, per coprire pietanze, per l’asciugatura di stoviglie, piatti e bicchieri, ecc..
Pertanto, affinché la via descritta possa essere utilizzata, sia come strumento di accertamento che come tesi difensiva, è essenziale che ai tovaglioli assunti come normalmente utilizzati vadano sempre sottratti, in termini quantitativi, quelli normalmente utilizzati per altri scopi quali quelli evidenziati. Solo in tal modo sarà possibile ammettere la verosimiglianza della ricostruzione reddituale alla reale capacità contributiva del soggetto.
Marzo 2016