In generale tutti i contribuenti titolari di redditi prodotti all’estero sono chiamati ad assolvere le imposte nel Paese in cui viene generato il reddito, ma allo stesso tempo anche nel Paese nel quale risultano residenti.
Tuttavia, non sono rari fenomeni di doppia imposizione ai quali ogni Paese pone il proprio rimedio. Infatti, il modello OCSE concede agli Stati la libera scelta tra il metodo dell’esenzione e quello del credito d’imposta.
Per quello che riguarda il nostro Paese, il problema viene risolto con il meccanismo del riconoscimento di un credito d’imposta di cui all’art. 165 TUIR applicabile a tutti i soggetti IRES e IRPEF.
Tuttavia il riconoscimento del credito d’imposta è subordinato al verificarsi di tre condizioni, quali:
- produzione di un reddito estero;
- pagamento delle imposte estere a titolo definitivo;
- concorso del reddito estero alla formazione del reddito imponibile in Italia.
Ciò nonostante sono numerose le problematiche generate dal disallineamento tra i diversi sistemi fiscali dei vari Paesi, e proprio in questo senso è intervenuta la circolare n. 9/E del 9.03.2015 che ha risolto una serie di questioni legate alla doppia imposizione prospettando varie soluzioni ai contribuenti chiamati ad assolvere imposte estere.
In particolare, sono stati forniti chiarimenti in ordine alla tassazione in capo all’impresa italiana di redditi di natura commerciale prodotti all’estero.
A questo proposito si individuano due fattispecie:
- i redditi di natura commerciale prodotti all’estero attraverso una stabile organizzazione sono qualificabili come redditi di impresa. In tali casi è consentito, attraverso il meccanismo del credito d’imposta, di detrarre dall’imposta nazionale le imposte assolte all’estero in modo definitivo nel periodo di competenza.Tale possibilità è consentita anche se il pagamento definitivo non è ancora avvenuto, ma avverrà comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione per il primo periodo d’imposta successivo. Il TUIR consente, inoltre, il riporto per 8 esercizi delle eccedenze di imposta estera che non hanno trovato capienza nell’anno in cui è maturato il credito.
- in assenza di stabile organizzazione il primo problema che si presenta è la possibilità di recuperare i tributi pagati all’estero in quanto in questi casi il reddito prodotto non sarebbe configurabile come reddito d’impresa. A questo proposito la circolare interviene consentendo l’applicazione del credito di imposta nel caso di redditi di fonte estera che siano comunque riferibili ad attività o beni riconducibili all’impresa, fornendo in tal senso una interpretazione estensiva. Un’ulteriore problematica è, poi, quella relativa alla differente qualificazione del reddito nelle discipline tributarie dei due Paesi. Infatti, tale situazione può verificarsi anche nel caso in cui lo Stato estero adotti una definizione di stabile organizzazione diversa da quella nazionale. In questi casi, ove sia impossibile il recupero dell’imposta estera mediante il credito d’imposta, al fine di evitare il fenomeno della doppia imposizione, è consentito considerare le imposte pagate all’estero come componenti negativi deducibili ai fini della determinazione del reddito complessivo.
Giugno 2016