L’inquadramento del socio lavoratore nelle srl rappresenta da sempre un tema controverso, soprattutto nelle piccole e medie imprese. Cerchiamo quindi di chiarire i principali dubbi.
Innanzitutto occorre distinguere due fattispecie rappresentate rispettivamente dalla figura del socio prestatore d’opera e quella del socio dipendente.
La prima presuppone la partecipazione del socio al capitale sociale e quindi l’apporto del proprio lavoro a titolo di conferimento. Di conseguenza, il venir meno di questa condizione può determinare l’esclusione del socio stesso dalla società.
La seconda fattispecie, contrariamente alla precedente, presuppone l’instaurazione di un vero e proprio rapporto di lavoro e, come tale, si può configurare al ricorrere di tre condizioni strettamente necessarie:
• subordinazione al potere di direzione del datore di lavoro;
• continuità della prestazione oggetto del contratto di lavoro subordinato;
• onerosità della prestazione pattuita nel contratto di lavoro.
Tuttavia occorre precisare che conditio sine qua non affinché si possa parlare di lavoro dipendente è che il socio “lavoratore” non partecipi al capitale sociale con una percentuale che gli affidi il potere di direzione e controllo e che il suo voto nelle delibere assembleari risulti determinante alle decisioni oggetto delle stesse.
Appare ovvio escludere quindi l’Amministratore Unico dai soggetti inquadrabili come dipendenti all’interno della società, nel rispetto dell’etero-direzione che configura il rapporto di lavoro subordinato.
Pertanto, l’inquadramento del socio come dipendente della S.r.l. alla quale costui partecipa non si può escludere, ma deve necessariamente tenere conto di alcune condizioni affinché si rispetti il vincolo di subordinazione tra le due parti. In caso contrario è valutabile che lo stesso socio si configuri come prestatore d’opera all’interno della propria Società.
Febbraio 2016