Dallo scorso 22 ottobre sono entrate in vigore le norme introdotte dal D.Lgs. 156/2015 relative alla revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario.
L’interpello è un istituto messo a disposizione del contribuente al fine dell’ottenimento di indicazioni interpretative circa l‘applicazione di una determinata norma fiscale, obiettivamente incerta.
Stando alle nuove disposizioni i contribuenti possono fare ricorso a 4 principali tipi di interpello, ossia:
– interpello ordinario: con il quale il contribuente richiede all’Amministrazione la corretta interpretazione di una norma tributaria;
– interpello qualificatorio: per mezzo del quale il contribuente che, avendo individuato la fattispecie concreta, richiede lumi sul trattamento della fattispecie stessa;
– interpello probatorio: ai fini della verifica della sussistenza di condizioni che potrebbero portare all’applicazione di un regime fiscale agevolato o meno;
– interpello disapplicativo: rappresenta l’unica ipotesi in cui l’interpello è obbligatorio, collegato all’ipotesi del riporto delle perdite, nei casi indicati dall’artt. 84 e 172 TUIR, e alla deducibilità delle minusvalenze, in caso di cessioni delle partecipazioni.
Un cenno a sé merita, infine, la fattispecie dell’Abuso del diritto. In particolare si tratta di una ipotesi di interpello prevista dal D.Lgs. n.128/2015. in questo caso al contribuente è riconosciuto il principio della richiesta di disapplicazione da indirizzare all’Amministrazione Finanziaria.
Le istanze devono essere presentate in via preventiva rispetto alla data di scadenza della presentazione della dichiarazione o ai fini dell’assolvimento di obblighi tributari. Il mancato rispetto dei termini corretti comporta la nullità dell’istanza presentata.
Ricapitolando la riforma introduce le seguenti novità: generale non obbligatorietà dell’istanza, fatti salvi alcuni casi prima enunciati; termini tassativi di risposta differenziati: 90 giorni per la risposta ad interpelli ordinari e 120 giorni per gli interpelli probatori. La riposta scritta e motivata vincola l’Amministrazione Finanziaria in merito alla lettura fornita circa una determinata questione, e in riferimento a quel preciso contribuente istante; in caso di silenzio assenso nei confronti del contribuente, in riferimento a una tenuta comportamentale da lui prospettata, saranno nulli gli atti di imposizione o sanzionatori difformi dalla risposta tacita o espressa, salvo l’ipotesi di una rettifica alla precedente interpretazione, che però non ha efficacia retroattiva.
In caso di risposta fornita al contribuente, in merito a credito d’imposta, detrazioni e deduzioni, l’atto di accertamento deve essere preceduto da una richiesta di chiarimenti da fornire entro 60 giorni. I dati e le notizie dedotti in fase di richiesta possono essere utilizzati in fase amministrativa o contenziosa.